Quando dici Napoli dici Italia, con tutto il suo portato di cultura e ospitalità. Tra gli stereotipi dell’italiano all’estero non per nulla c’è il famoso “spaghetti-pizza-mandolino”, ovvero tre elementi caratterizzanti Napoli. Si può dire quindi che chi viene in Italia non può non visitare Napoli perché oltre a essere un microcosmo di situazioni, tradizioni, modi di essere con la sua cultura e la sua musica, è senza dubbio, per un turista, esempio di quella cultura dell’accoglienza che rende attraente il nostro paese. Napoli rappresenta un contenitore incredibile di storia e opere d’arte con cui si attraversano millenni di storia. Napoli è una “esperienza” da vivere con il suo proverbiale e scenografico “vissuto quotidiano” ad opera di una popolazione che ancora oggi, come nei secoli scorsi, vive e lavora all’interno del suo enorme e bellissimo centro storico. Dal sottosuolo a Capodimonte, dal lungomare ai resti di Parthenope, dai fasti del Regno dei Borbone alla devozione religiosa con le sue cinquecento chiese, la Napoli delle mille culture e influenze ha tanto da offrire: qui l’arte si è espressa in tutte le forme e ogni epoca ne ha fatto la sua capitale. L’Unesco ha fatto entrare il centro storico nel proprio patrimonio nel 1995 con la seguente motivazione: “Il sito è di eccezionale valore. Si tratta di una delle più antiche città d’Europa, il cui tessuto urbano contemporaneo conserva gli elementi della sua lunga storia ricca di avvenimenti. La sua posizione sulla baia conferisce al sito un valore universale senza uguali, che ha esercitato una profonda influenza su gran parte dell’Europa e al di là dei confini di questa”. Andiamo a scoprire 10 luoghi insoliti a Napoli, lontani dagli itinerari del turismo di massa, per un viaggio un po’ fuori dai soliti giri.
1. La chiesa di San Giovanni a Carbonara
Particolare e insolita (l’intero complesso comprende due luoghi di culto: la chiesa di Santa Monica e la chiesa della Consolazione) quanto sorprendente per le opere d’arte che racchiude al suo interno: è la chiesa di San Giovanni a Carbonara. Al visitatore l’impatto visivo iniziale è straniante dal momento che dalla strada si vede oltre il muro di cinta un edificio con una facciata mozzata, un po’ austera, da cui dietro spunta un campanile, e oltre il muro, in elevazione, partono due scalinate a elica laterali (opera di Ferdinando Sanfelice) che portano a un piano rialzato, che non si scorge da sotto, sul quale si affaccia l’ingresso della chiesa (portale gotico del Quattrocento). Pur insistendo su un trecentesco monastero agostiniano, a seguito delle numerose modifiche apportate negli anni al visitatore consegna un’impressione rinascimentale, anzi, rappresenta il passaggio dall’arte gotica, con l’importante impianto architettonico, a quella rinascimentale, con le numerose opere d’arte contenute al suo interno. Anche in questa commistione sta la sua peculiarità, che ne fa una delle più importanti chiese della città. Il luogo è un po’ il Pantheon degli angioini e le principali modifiche che vediamo oggi (a partire dallo scalone e dal chiostro) furono su disposizione del re Ladislao d’Angiò Durazzo. Qui la sorella Giovanna II Regina di Napoli fece costruire il grande mausoleo per il fratello morto a 37 anni di sifilide. L’opera è quello che attrae l’attenzione appena entrati: il monumento funebre in fondo alla chiesa si erge per 18 metri. Non basterebbe la memoria di uno smartphone a fotografare tutte le opere d’arte che lo compongono, lo adornano e lo riempiono. La figura di Ladislao vi è presente tre volte: una sul trono affianco alla sorella, una giacente morto sul coperchio del sarcofago e una in sella a un cavallo trionfante in cima. Passando sotto di esso di accede ad un’altra grande meraviglia: la cappella Caracciolo piena di importanti affreschi (Leonardo da Besozzo, Perinetto da Benevento, Antonio da Fabriano), dei ricchissimi pavimenti in marmi policromi, maioliche e il monumentale sepolcro di ser Gianni Caracciolo. Nella unica navata della chiesa da segnalare l’Altare Miroballo (che sembra una cappella) e la tavola della Crocefissione di Giorgio Vasari (che in tutto per la chiesa realizzò 16 tavole), la cappella Caracciolo di Vico.
San Giovanni a Carbonara, Cappella Caracciolo di Vico. Foto: Carlo Dell’Orto
2. Il Pio Monte della Misericordia
Il Pio Monte della Misericordia è una istituzione laica che da oltre 400 anni si occupa e opere caritatevoli. Come tutte le cose che si fanno a Napoli, si fanno in grande: quella che fu una comune intenzione di sette amici danarosi e volenterosi generò presto un seguito e tanti frutti tanto da doversi dare una organizzazione. Fu così che nacque l’istituto e con esso la raccolta lungo quattro secoli di lasciti e donazioni. Oggi il patrimonio di opere d’arte di primissimo livello (Luca Giordano, Jusepe de Ribera, Massimo Stanzione, Vaccaro, Mattia Preti, Fabrizio Santafede, Battistello Caracciolo, Giovan Bernardo Azzolino e Giovan Vincenzo Forlì) è una delle più importanti collezioni private aperte al pubblico. Segno del grande cuore dei napoletani. La sede è in un palazzo in via dei Tribunali progettato da Francesco Antonio Picchiatti al cui primo piano ha sede la famosa “Quadreria”, una pinacoteca che ospita una straordinaria serie di dipinti (più di 120) realizzati tra il XVI e XIX secolo. Ma senz’altro la tela più famosa è il Caravaggio presente sull’altare della Chiesa raffigurante le Sette opere della Misericordia. Opera unica che i Governanti del Monte sancirono dovesse rimanere nella cappella per sempre e non si potessero fare altre copie.
Il Pio Monte della Misericordia. Foto: Francesco Soreca
3. La chiesa del Gesù Nuovo
Il gioiello del Barocco a Napoli è la chiesa del Gesù Nuovo. Situata nell’omonima piazza con l’obelisco dell’Immacolata Vergine Maria Madre di Dio, di fronte la basilica di Santa Chiara (anche questa assolutamente da visitare per il chiostro con maioliche), non può passare inosservata per la sua facciata ‘mozzata’ e il suo particolare bugnato (unico caso in città) scuro e a punta di diamante opera dei Maestri pipernieri, del 1470. In origine era un palazzo signorile dei principi Sanseverino di Salerno, poi ceduto all’ordine dei Gesuiti che lo trasformarono nell’imponente chiesa tra il 1584 e il 1601. Una volta entrati si rimane colpiti dal contrasto tra il grigiore dell’austera facciata e lo splendore dell’interno copiosamente decorato in ogni sua parte delle tre navate della chiesa a pianta a croce greca e delle undici cappelle: marmi policromi dal pavimento agli altari, affreschi, sculture e decorazioni. È il Barocco signori. Vi hanno lavorato Lanfranco (i quattro evangelisti nei peducci della cupola), Cosimo Fanzago (le sculture nel cappellone San Francesco Saverio), Luca Giordano, Francesco Solimena (l’affresco sulla controfacciata), Belisario Corenzio (affreschi), Massimo Stanzione, Aniello Falcone, Jusepe De Ribera (le tele dell’altare). La chiesa consacrata a Maria la vede collocata in una grande nicchia con una maestosa statua in marmo bianco in fondo all’altare maggiore, adagiata su un grande globo blu in lapislazzuli. Ai lati della statua, i due rilievi marmorei raffiguranti Sant’Ignazio di Loyola e San Francesco Saverio.
La chiesa del Gesù Nuovo. Foto: Wikimedia Commons/Mweav31
4. Palazzo Mannajuolo
C’è un film dedicato a Napoli (Napoli Velata di Ferzan Ozpetek) che nel 2018 decretò ampia notorietà per il più grande esempio di stile Liberty in città: Palazzo Mannajuolo. Caratteristica principale la grande scalinata ellittica. L’architetto Giulio Ulisse Arata e gli ingegneri Gioacchino Luigi Mellucci e Giuseppe Mannajuolo sono gli artefici del palazzo dalle ‘curve pericolose’ che per la scalinata in marmo a sbalzo e con balaustra in ferro battuto, utilizzarono il cemento armato, innovativa tecnica per l’epoca. La scala è un ardito capolavoro architettonico, costruita un gradino per volta, inserendoli ad uno ad uno nel muro d’anima perimetrale: un’unica rampa dove anche i pianerottoli seguono la forma ellittica. Tra angoli e spigoli, forme concave e convesse, vuoti e pieni, ampie vetrate, il palazzo monumentale su 5 piani rientra elegantissimo nel contesto delle vie dello shopping del quartiere Chiaia.
Palazzo Mannajuolo. Foto: Wikimedia Commons/Pinotto992
5. Palazzo dello Spagnolo
Tra le iconiche immagini di Napoli c’è la monumentale scalinata coperta a doppia rampa (che ricordano le aperture di ali di un falco) che collega le due ali del palazzo nel cortile del Palazzo dello Spagnolo. L’edificio, in stile tardo Barocco, nell’attuale rione Sanità, è detto dello ‘spagnolo’ per via di uno dei proprietari ma fu realizzato nel 1738 per volere del marchese Nicola Moscati affidando il progetto a Ferdinando Sanfelice, che è la mente e la mano anche dello scalone. Le decorazioni in stucco in stile rococò sono di Aniello Prezioso su disegni di Francesco Attanasio. Nel 1925 re Umberto di Savoia lo dichiara monumento nazionale. La proprietà è frazionata e perlopiù privata quindi si può entrare nel cortile e provare a salire le scale per vedere l’effetto che fa, sperando nell’ospitalità napoletana.
Palazzo dello Spagnolo. Foto: Angelo CasteltrioneArticolo originale:
Finestresull’arte